Quando parliamo di consulenza cosa intendiamo, cosa si aspetta il cliente nella consulenza?
La consulenza si configura come relazione di aiuto che sia indirizzata ad una persona o ad una organizzazione. Le dinamiche restano comunque similari.
Adottare questa prospettiva vuol dire dare valore non solo al cosa ma anche al come forniamo la consulenza in base agli obiettivi che intendiamo perseguire. I modelli di consulenza, pur essendo diversi, si devono comunque misurare su determinanti di base, identificandone non solo la loro presenza ma anche il loro livello quantitativo, in relazione a:
- consapevolezza della distinta necessità e bisogno da parte dell’imprenditore o del manager che vuole avvalersi della consulenza;
- capacità di esplicitare e condividere informazioni sui problemi e bisogni reali dell’azienda;
- cognizione sull’impatto che la consulenza può produrre all’interno dell’organizzazione.
Questi fattori sono determinanti nello stabilire la modalità con la quale fornire il servizio consulenziale.
Spesso, nei contesti aziendali soprattutto di piccole dimensioni, le determinanti di base ed il loro livello risultano essere molto bassi.
Difatti la richiesta di intervento può nascere da input esterni oppure dalla percezione di criticità interne i cui confini non sono sempre identificati e tanto meno esplicitati. In questo caso il ruolo del consulente assume una funzione chiave nel far emergere il bisogno implicito, darne i confini ed attivare così quel processo di consapevolizzazione da cui scaturisce tutto il processo di intervento, dalla diagnosi alle azioni correttive.
Prendiamo a riferimento ed analizziamo i modelli di consulenza identificati da Schein (2001):
- modello expertise, fa riferimento ad un servizio informativo o specialistico nel quale la competenza verticalizzata del consulente diventa il focus. I fattori di successo di questa modalità di intervento settorializzata sono vincolati dalla presenza dalle tre determinanti di base, di cui sopra, che devono in questo caso coesistere;
- modello medico-paziente, fa riferimento ad un intervento di tipo osservativo per verificare attraverso l’apporto del consulente, la necessità di porre azioni correttive per il malfunzionamento di un settore dell’azienda. I fattori di successo di questo approccio sono determinati dall’accesso ad informazioni utili per la diagnostica; esse non sono sempre facili da reperire all’interno delle organizzazioni. Poi, la modalità di relazione è asimmetrica e dettata dai ruoli. La figura del consulente/medico rappresenta il generatore della diagnosi così come della cura. La mancata condivisione del processo, dalla diagnosi all’individuazione delle azioni correttive – spesso decontestualizzate e non prossime alla struttura, alla cultura ed alle politiche aziendali – rappresenta il maggior pericolo per il successo di questo approccio;
- modello consulenza di processo, fa riferimento alla co-creazione della relazione, finalità ultima della consulenza nella quale il consulente supporta il cliente nel processo di apprendimento nella comprensione e diagnosi, fino alle correzioni utili da implementare all’interno del proprio contesto organizzativo. Il cliente è quindi soggetto attivo, non più passivo, sia nella diagnosi che nell’individuazione delle soluzioni ai problemi da adottare per il miglioramento organizzativo. Questo approccio consente di condividere con il cliente una lettura sistemica dell’organizzazione, caratterizzata da reti di soggetti impegnati nel perseguimento di obiettivi comuni all’interno di processi, strutture, strumenti e regole di funzionamento, dove la diagnosi e l’intervento sono strettamente legati tra loro.
L’adozione di quest’ultimo approccio diventa particolarmente funzionale in contesti nei quali c’è necessità di far emergere il bisogno non esplicitato, latente del committente.
Il focus, in questo caso, è legato all’ attivazione del processo di apprendimento all’interno di una dinamica relazionale di aiuto orientata a far emergere il bisogno per renderlo esplicito e condiviso. Questa modalità di approccio consente, nella maggior parte dei casi, l’avvio del percorso consulenziale.
Il consulente dovrà scegliere la modalità più utile, nel sapersi adattare al contesto ed all’interlocutore, ma soprattutto nel saper gestire in modo dinamico tutto il processo, alternando il ruolo di esperto al ruolo di attivatore del processo di apprendimento all’interno dell’organizzazione.
Quest’ultimo approccio, la consulenza di processo, è quello che Choice4Value ha abbracciato e che intende impiegare con i suoi clienti nell’accompagnarli nei processi di crescita e di cambiamento.
Gabriella Campanile – Founder Senior Organizational Consultant Expert DE&I
Tratto dall’articolo dell’autore “The business consultant, role and functions in the learning process within organizational contexts” pubblicato nella rivista scientifica Form@re OpenJournal per la formazione in rete.